Un serbatoio interrato dismesso, se non è previsto un suo riutilizzo per qualche applicazione, è un rifiuto ai sensi dell’art. 183 comma 1 lettera a del D.Lgs. 152/2006 e deve essere rimosso, salvo che la lavorazione non comporti problemi di stabilità di manufatti soprastanti o che il proprietario intenda riutilizzarlo per altri scopi.
Le procedure per una corretta dismissione sono:
- Svuotamento e pulizia interna del serbatoio
- Verifica della tenuta stagna dei serbatoi
- Comunicazione della dismissione del serbatoio
- Certificazione “gas-free” che attesti l’operatività in condizioni di sicurezza
- Rimozione del serbatoio e avvio a smaltimento di tutta l’impiantistica connessa
- Eventuale pulizia del fondo scavo prima dell’esecuzione del campionamento
- Campionamento dello scavo, con prelievo di campioni nei punti con evidenze organolettiche o criticità, in contradditorio con le Autorità di controllo. In genere sono previsti campioni di terreno rappresentativi dei cigli e del fondo scavo con ricerca di idrocarburi; nel caso in cui sia riscontrata la falda acquifera potrebbe essere necessario eseguire almeno un carotaggio da istallarsi a piezometro per il campionamento delle acque di falda
- Campionamento delle terre da scavo/rifiuti prodotti per relativa caratterizzazione ed omologa/accesso a impianto o discarica (analisi di caratterizzazione e test di cessione)
- Carico trasporto e smaltimento dei rifiuti prodotti
- Ripristino area di scavo con materiale di cava certificato
Le operazioni di cui sopra devono che siano effettuate da ditte autorizzate alla raccolta e al trasporto di rifiuti con iscrizione all’Albo Gestori Ambientali.
IPOTESI 1 - PROCEDURA CON MESSA IN SICUREZZA DI EMERGENZA
il D.Lgs. 152/06 prevede
art. 242 comma 1 : “Al verificarsi di un evento che sia potenzialmente in grado di contaminare il sito, il responsabile dell'inquinamento mette in opera entro ventiquattro ore le misure necessarie di prevenzione e ne dà immediata comunicazione ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 304, comma 2…..”
art. 242 comma 2: “Il responsabile dell'inquinamento, attuate le necessarie misure di prevenzione, svolge, nelle zone interessate dalla contaminazione, un'indagine preliminare sui parametri oggetto dell'inquinamento e, ove accerti che il livello delle concentrazioni soglia di contaminazione (CSC) non sia stato superato, provvede al ripristino della zona contaminata, dandone notizia, con apposita autocertificazione, al comune ed alla provincia competenti per territorio entro quarantotto ore dalla comunicazione. L'autocertificazione conclude il procedimento di notifica di cui al presente articolo, ferme restando le attività di verifica e di controllo da parte dell'autorità competente da effettuarsi nei successivi quindici giorni……..”
Per il caso in questione, salvo diversa interpretazione da parte degli enti di controllo, si dovrebbe rientrare nel campo di applicazione dell’art. 249 dello stesso decreto, (aree di ridotte dimensioni). Infatti per siti o contaminazioni inferiori a 1000 mq, la norma prevede le procedure semplificate ai sensi dell’all. 4 della parte 4 del D.lgs. 152/06.
Si prospettano pertanto le seguenti possibilità:
CASO1: messa in sicurezza e autocertificazione di ripristino dei luoghi
CASO 2: impossibilità di ripristino dei luoghi e necessità di intervento di bonifica qualora la messa in sicurezza non sia stata sufficiente, non sia possibile ripristinare lo stato dei luoghi e persistano superamenti delle CSC
Prima dell’esecuzione dell’intervento devono essere predisposte e trasmesse:
A seguito dell’intervento di rimozione della cisterna COME INDICATO IN PREMESSA si prospettano due casi:
CASO 1:
CASO 2: